Nella mattina del secondo giorno abbiamo indagato il tema
delle relazioni soffermandoci in particolare sulle modalità di comunicazione,
che nell’era digitale sono mediate dalle tecnologie che conosciamo.
Per cominciare abbiamo indossato le maschere neutre e
abbiamo fatto scivolare i polpastrelli che così spesso toccano gli schermi dei
nostri smartphone e tablet sulle mani degli altri partecipanti. Questo
approccio sensoriale così particolare e intimo ha permesso di smuovere a
livello non verbale tutta una serie di implicazioni che ci sono state utili per
introdurre le attività della mattinata.
Dopo un gioco sulle chat, i loro nomi e la loro “data di
nascita”, i convegnisti sono stati accolti in un ambiente molto evocativo e
rilassante: a lume di candela e con penne di bambù dovevano scrivere con la
china nera una frase importante per la copertina del loro profilo. La lentezza del
pennino e dell’inchiostro ha obbligato a pensare bene ad ogni lettera, ad ogni
parola, accompagnandole con i propri gesti, in un esperienza mentale e
sensoriale estremamente coinvolgente, di certo in contrasto con la velocità con
cui componiamo messaggi e mail facendo rimbalzare i nostri polpastrelli sulle
tastiere.
Dopo questo momento poetico abbiamo continuato a scrivere ma
questa volta “chattando in corsivo” grazie al supporto di computer di cartone
con doppia tastiera: ogni computer era una chat diversa, gli argomenti
spaziavano da “match.com” a “smetteredifumare.it”, ogni persona che chattava
aveva un profilo suggerito da un foglio sullo “schermo” del computer. E le
coppie di “utenti” doveva passarsi una striscia di carta su cui scriveva la sua
conversazione.
I partecipanti erano estremamente coinvolti e divertiti,
anche chi non aveva mai chattato in vita sua trovava degli spunti interessanti
da condividere nel feed-back finale. L’uso di un supporto cartaceo in una
dinamica comunicativa che seguiva i “protocolli” e le modalità del digitale è
stato molto utile per riflettere sulle implicazioni della comunicazione mediata
dalla scrittura in primis, per poi riflettere in senso più ampio sulla
comunicazione attraverso la rete.
Le tecnologie digitali sono sempre più avanzate e
“intelligenti”, certo, ma quanto pesano nelle nostre relazioni? Il regista
Spike Jonze nel suo ultimo film “Lei” con J.Phoenix e S. Johansonn immagina un
futuro molto vicino in cui la tecnologia è in uno stato così avanzato da
produrre un sistema operativo interamente basato su un’intelligenza
artificiale; un OS (Operative Sistem) in grado di imparare dall’esperienza, di
provare emozioni. Questo sconfinamento della tecnologia in un ambito che fino a
quel momento era solo prerogativa degli umani genera situazioni che a noi
appaiono paradossali, ma nel film sono descritte in modo molto vivido e allo
stesso tempo discreto: in poche parole il protagonista ha una storia d’amore
con il suo OS, e attraverso la telecamera dello smartphone e l’auricolare di ultima generazione che ha sempre
nell’orecchio, vive esperienze intense ed emozionanti con “Lei”. La visione di
alcune clip di questo film ha suscitato un bel confronto sulla natura delle
relazioni umane in contesti iper-tecnologizzati e mediati dal digitale: ci
siamo fatti soprattutto molte domande sull’intimità delle relazioni virtuali e
su quanto la vita online sia talvolta parallela, ma più spesso intrecciata a
quella offline.
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